Torta Pasqualina, sì, ma quale?
Nota fin dall’epoca di Colombo è giunta a noi con il suo carico di aromi e sapori
La lunga storia della torta pasqualina comincia diversi secoli fa con la sua antenata, definita allora gattafura, già citata da Ortensio Landi nel suo Commentario delle più notabili e mostruose cose (Venezia, 1553) ed ancor prima dal Maestro Martino de Rubei, che nel suo trattato riporta due ricette per fare le torta alla zenovesa (Martino de Rossi da Como, Libro de arte coquinaria, secolo XV). In quegli anni chi passava per Genova aveva modo di notare alcuni luoghi dove le gattafure si facevano e si vendevano, si trattava di un cibo popolare, venduto in quelle bettole che probabilmente corrispondono alle classiche sciamadde: botteghe di torte, farinate e fritti, chiamate così a causa del fuoco vivo che vi ardeva sempre. La gattafura rimane il cibo dei genovesi per tutto il XVII secolo mentre dalla seconda metà del secolo successivo al nome originale pare sovrapporsi semplicemente quello di Torta di Pasqua e poi, più recentemente, il nome Torta Pasqualina. Fra Ottocento e Novecento i trattati di cucina ligure ne descrivono la ricetta, mentre poeti e scrittori ne tessono le lodi consegnando definitivamente alla storia una specialità ancora oggi amatissima. Se le torte di verdura liguri sono tante, secondo le due Cuciniere genovesi (cioè i trattati ottocenteschi riconosciuti come raccolte ufficiali di ricette antiche della tradizione locale), la cosiddetta pasqualina avrebbe soltanto la versione che prevede un ripieno a due strati formati da bietole e prescinséua, un formaggio fresco dal sapore leggermente acidulo. Ogni altra torta di verdura nella quale il ripieno sia amalgamato con uova, formaggio e altri ingredienti, sarebbe invece cappuccina. Oggi questa distinzione si è perduta e più spesso si parla genericamente di “torte pasqualine”, salvo indicare il tipo di ortaggi di cui sono composte. Così si usa dire torta di carciofi, di bietole, di porri, di cipolle, ecc...
Se genericamente il termine torta pasqualina è usato all’incirca in tutta la Liguria, come sempre accade anche per altre specialità, localmente ci sono preparazioni analoghe conosciute con nomi in uso solo in quell’ambito, come nel caso delle baciocche, della torta d’erbi o della torta verde, solo per citarne alcune. Si scoprono così anche metodi di preparazione del tutto singolari, come la cottura sotto il testo, sorta o campana di ghisa (talvolta terracotta): ricoperto poi con la brace esso simula la cottura del forno.